La mostra

Il corteo dogale

La magnificenza, la potenza della Serenissima e del suo Principe, il Doge, veniva mostrata in quel momento particolare del cerimoniale pubblico che è il Corteo Dogale.

Processione in piazza S. Marco (Bellini)

Ogni Stato seguiva il proprio cerimoniale e quello veneziano rimase cristallizzato per tutta la storia della Repubblica, a dimostrare l’attaccamento a quelle tradizioni che resero grande la Repubblica di Venezia. Caratterizzato dall’esposizione di tutti i Trionfi propri degli Stati riconosciuti per potere divino, il lusso con il quale la città si mostrava ai visitatori non aveva eguali: trombe d’oro e d’argento, centinaia di senatori, procuratori, consiglieri, ambasciatori e rappresentanti dei pubblici uffici davano mostra di sé assieme alla più alta carica dello stato, vestiti di cremisi e con dettagli in oro.

Il Doge, la pietra più preziosa, era incastonata al centro del corteo, ed attorno a lui, rappresentazione del potere temporale dell’invitta Venezia, ruotava l’intera processione.

L’ostentazione dei trionfi seguiva delle regole molto precise, con significati precisi. In tutta Europa solo il Papa poteva concederli, ed una vota concessi divenivano prerogativa dell’insignito. Neanche una scomunica interdiceva la possibilità di mostrarli, essendo un simbolo dell’infallibilità papale. In seguito all’invasione turca anche l’Imperatore del Sacro Romano Impero, erede del potere temporale di Bisanzio, poteva insignire dei trionfi, ma preferiva conferire titoli nobiliari, che al contrario potevano cadere in disgrazia da una generazione all’altra, lasciando di fatto il potere in mano all’Imperatore. Il caso di Venezia è leggermente diverso. Caterina Cornaro, regina a tutti gli effetti del regno di Cipro, spostando la sede del suo regno a Venezia e di fatto abdicando in favore della Repubblica Serenissima e non di una famiglia particolare, permette in maniera pacifica e relativamente corretta che l’Invitta sui mari diventi uno stato indipendente che non richiede elezione papale, ma solo il riconoscimento dell’erede di Pietro. Grazie a questa indipendenza, dopo il Sacco, Venezia si propone come nuova capitale della cristianità, posta nel crocevia fra il Sacro Romano Impero d’Oriente e d’Occidente.

Corteo Dogale (Pagan)

In seguito, con la presa di Costantinopoli grazie alla crociata indetta dal Papa e guidata da Venezia, ai trionfi portati dalla Cornaro si aggiunsero quelli tipici del potere orientale: il cero e la spada che Venezia conquistò dunque grazie alle crociate.

Nella prima metà del cinquecento Venezia getta le basi per divenire lo stato più potente del Mediterraneo che troverà il suo apogeo agli inizi del 1600. I suoi trionfi dunque non potevano più essere associati ad un lascito testamentario o ad una guerra, poiché ciò ne avrebbero svilito il valore. Si crea dunque il mito del ruolo risolutivo rivestito da Venezia nella pace fra Alessandro III e l’Imperatore Federico Barbarossa, in ringraziamento del quale il papa concede a Venezia tutti i suoi trionfi.

Costruito il mito bisognava ufficializzarlo e si decise di farlo nella sala principale del governo veneziano: la sala del Maggior Consiglio. Questo era il salone più grande sino ad allora realizzato con sul fondo quella che tuttora è considerata la più grande tela ad olio esistente: il Giudizio Universale di Jacopo Tintoretto e del figlio. Alle pareti le tele di Jacopo da Bassano, dove si racconta la storia di Alessandro III riconosciuto, accolto e salvato all’interno della città che poi lo difese davanti al Barbarossa mediandone la pace. Il mito prosegue con un lungo viaggio fatto da Alessandro III, il Doge, e il Barbarossa verso Roma, che quindi torna ad essere città sicura grazie alla protezione della Serenissima.

Costumi per corteo dogale

Davanti a voi un estratto del Corteo Dogale che è stato interamente riprodotto da Francesco Briggi, titolare e sarto dell’Atelier Pietro Longhi, la cui esposizione completa conta più di 80 personaggi. Qui sono esposti solo il Doge ed i suoi Trionfi, per raccontare, in maniera più veritiera possibile, quale fosse la cura e l’attenzione che Venezia, agli inizi del 1500, poneva nel presentarsi al pubblico. L’intero corteo dogale comprenderebbe infatti numerosi altri settori: gli ambasciatori stranieri ed i loro segretari, il Patriarca con i rappresentanti dei due ordini religiosi principali, i domenicani ed i francescani, cui si aggiungevano le cosiddette “Schole” ossia le confraternite di arti e mestieri, i rappresentanti del Sacro Romano Impero e del Papato, i senatori e tutte le avvocature e cariche statali, e si chiudeva con le famiglie più importanti presenti in città che, seguendo il Doge, ne mostravano la potenza e magnificenza. Nel celebre telero del Bellini la processione perfettamente descritta si snoda per centinaia di metri, coinvolgendo migliaia di personaggi splendidamente abbigliati. Il corteo si divideva in segmenti, e non tutti nelle numerose occasioni pubbliche uscivano dal Palazzo Ducale per fare mostra di se. C’erano segmenti il cui ruolo era civico, altri che invece erano di pertinenza dogale per cui si mostravano solo se il Doge partecipava alla processione, così come le cariche religiose vi prendevano parte solo se il corteo rientrava in un festeggiamento liturgico e non in uno dei numerosissimi legati alla storia di Venezia.

Ci limiteremo dunque a mostrare i soli Trionfi nell’ordine con cui sono rappresentati nella tardo cinquecentesca stampa del Pagan, secondo il cerimoniale descritto dal Sanudo nei suoi Diarij.

I trionfi ed un mito: ecco il racconto che si dipana dinnanzi a voi.

Per cortesia non lasciate commenti. Grazie.